Archivio per febbraio 2011

Cavalli.

Fuori programma ieri sera,macchinata di nerd direzione Bologna causa concerto Band Of Horses, che giuro,non mi ricordavo assolutamente ci fosse.
Avvisato alle 19,30 partiti alle 20 dritti dal lavoro con cena all’autogrill a base di nachos e coca zero.Nel parcheggio veniamo opportunati dal solito truffatore napoletano che vuole venderci una patacca elettronica. Lo liquidiamo in malo modo,e in preda ad un fervente istinto legalitario telefono ai carabinieri per mandare una pattuglia ad arrestare tutti i terroni della costa est.
La punto a gas corre veloce e in un ora e mezza arriviamo al parco nord.Come usciamo dalla macchina Gecco viene assalito dalle fans mentre il Chiocc si sta scolando ben tre litri di birra Faxe in offerta.
Fuori c’è una fila disumana per gli illuminati come noi che non prendiamo i biglietti in prevendita per risparmiare €2 e ci perdiamo il gruppo spalla,eccezzion fatta per l’ultimo pezzo che poi non è altro che una cover di Dylan presente nella colonna sonora de Il Grande Lebowsky.
Come sempre mi piazzo dietro al mixer che con profondo dispiacere scopro essere un freddo digitale della Digico.
Gli americani si fanno attendere anche troppo,ma alla fine escono cantante e chitarrista per fare un pezzo a cappella lontani dal microfono,col risultato abbastanza pietoso. Poi entrano gli altri e inizia il vero concerto. L’acustica dell’estragon è una merda, ma di solito di volume ce n’è fin troppo, stasera manco quello.
Ogni pezzo è accompagnato da filmati sui paesaggi americani, molto suggestivo, ma alla lunga si poteva pensare anche a qualcos’altro.I pezzi del nuovo disco sono debolucci e la prima mezzora è un pò imbarazzante, poi però arrivano i classiconi e il gruppo inizia a scaldarsi e a scaldare il pubblico. La resa live dei pezzi di Cease To Begin e Everything All The Time è ottima e si inizia a respirare il profumo dei boschi di acero, la mia felpa diventa una camicia a scacchi e improvvisamente inizia a crescermi una barba da taglialegna canadese.
Purtroppo di fianco a me ci sono un gruppetto di troiette che non avevano di meglio da fare che andare a un concerto “sperando di trombarsi il cantante se è bono” e che pensano di vivere in turchia continuando a fumare inperterrite in barba a qualsiasi legge italiana e di logica.
Il concerto dura forse un quarto d’ora di troppo ma va bene così, l’ultimo pezzo e Funeral e così usciamo col sorriso sul viso. Il viaggio di ritorno è il solito turpiloquio razzista e accenti cockney, e la sosta all’autogrill è la solita festa delle minchiate, così alle 3 sono nel letto. Domani è un altro giorno.

Il volo del calabrone.

Delusione. E’ questo il sentimento che ho provato quando si sono accese le luci del cinema e scorrevano i titoli di coda,perchè il vero cinefilo se li spara tutti i titoli di coda.
Per carità,The Green Hornet è un onesto film da cassetta holliwoodiano fatto per incassare e per divertire il pubblico per un ora e mezza,e questo lo fa, peccato che a dirigerlo ci sia quel geniaccio di Michel Gondry e ti aspetteresti non dico un capolavoro,ma almeno qualcuno dei suoi segni distintivi.
E invece l’impressione è che il galletto francese non abbia resistito all’odore dei dollari e si sia prestato a fare la solita marchetta, tanto adesso van pure di moda.
Quindi della follia visionaria cartonata di Gondry non c’è traccia, o almeno io non l’ho vista. L’unico accenno è nei combattimenti quando il buono va a una velocità e il cattivo ad un altra,e quando si sdoppiano le macchine e sembra un video dei Chemical Brothers.
Per il resto la protagonista è indubbiamente la Chrysler nera super-pimpata di aggeggi da James Bond, perchè il protagonista è una delle cose peggiori partorite da Hollywood dopo Ben Stiller.
Insomma,per passare una serata al cinema col pop corn in mano, ma non diciamo a nessuno chi è il regista.


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