Bon Iver – Bon Iver
Chi mi conosce sapeva già che sarebbe stata questa la prima posizione. E’ stato il disco più ascoltato su iTunes, Sull’iPod, in auto mentre percorrevo l’A14, e in cuffia mentre passeggiavo per le spiaggie di Corralejo.
Non è un disco facile, e ci ho messo qualche mese per capirlo in fondo. Anche perchè a differenza del minimalismo del primo disco, qui il vecchio Vernon ci ha dato dentro con la produzione: non credo che 40 tracce siano bastate,troviamo i fiati, le steel guitars, le doppie casse, i tromboni, i synth e le doppie batterie che a me fanno impazzire, lo sapete già.
Ogni pezzo prende il nome da una città del mondo, quasi sempre storpiato, o con lo stato sbagliato. Il primo, “Perth” è da lasciare senza fiato, con aperture improvvise e fragori di doppie casse. Il secondo, “Minnesota,WI” ti fa sognare sopra arpeggi di chitarre e banjo, e due batterie che si rincorrono senza darsi fastidio, ma completandosi a vicenda. Poi arriva “Holocene”, forse il pezzo più tradizionale, basato su un arpeggio di chitarra e sul suo classico falsetto in una atmosfera sognante.
Dopo un inizio così, si poteva anche concludere il disco, infatti nella parte centrale si siede un pò. A differenza di “For Emma, Forever Ago” dove non c’era un pezzo debole, qui ne troviamo 3 o 4 che nulla aggiungono al risutato finale,ma servono solo per arrivare a un minutaggio decente.
E propio quando pensi che il disco sia una mezza delusione, dopo un inizio così sfavillante, arriva un altro capolavoro come “Calgary”, forse il pezzo più bello che Bon Iver abbia mai scritto. Si apre con un tappeto di synth sognanti, poi arriva il classico falsetto raddoppiato, e poi entra la prima batteria, seguita dalla seconda come un ombra, ma che ogni tanto si sgancia per far sentire che c’è. Arrivato il primo bridge, la canzone cambia completamente e il canto si fa disperato, arrivano i cori, le chitarre distorte e chi più ne ha più ne metta. Una volta finita la tempesta, si torna a una semplice chitarra acustica che chiude il pezzo. Anche le ultime due canzoni,di cui una che puzza di anni’80, sono praticamente inutili, anche perchè dopo un pezzo del genere sfigurebbe qualsiasi cosa.
Alla fine quindi il valore stellare di quattro canzoni,nonostate la parte centrale abbassi la media, riesce a portare questo disco al primo posto del mio 2011 musicale. Buon Inverno.
Canzone: Calgary