E anche quest’anno ci siamo goduti le meritate vacanze. Che chissà perchè, da qualche anno a questa parte, sono sempre più rilassanti e sempre meno festaiole, saranno i ventanni che se ne vanno..
Finalmente sono riuscito a visitare la Sicilia, meta da tempo ambita e chissà perchè poi sempre trascurata.
Un viaggio come l’ultimo organizzato dalla Giulia Enterprises alla perfezione, e sopratutto senza che io dovessi pensare a nulla tranne che godermi il sole, selezionare la colonna sonora e mangiare come se non ci fosse un domani.
L’aeroporto di Falconara si conferma come il più comodo del mondo in quanto grande come il mio sgabuzzino, ed il volo verso Catania è veloce e indolore. La sgarrupata Volotea doppia la Ryanair e sopratutto non rompe le palle ogni due secondi con merendine, profumi e gratta&vinci da comprare a bordo.
Arrivati nel capoluogo etneo subito veniamo inebriati dall’aria dolce e dall’atmosfera barocca anche se un pò fatiscente dei palazzi maestosi ricoperti di nera fuliggine. Riusciamo a vedere poco tranne qualcosa del centro e il mercato all’aperto del mattino. Non mi lascio sfuggire la mia prima pasta alla norma, il terribile seltz, e la mia prima colazione brioche e granita al pistacchio.
Il giorno dopo partiamo subito per quella che si rivelerà la vera scoperta del viaggio: la magnifica Ortigia: ovvero l’isola/centro storico di Siracusa, magnificamente incastonata sulle rocce del mar Ionio. Ci arriviamo con una scatola di sardine chiamata Renault Twingo che però si rivelerà incredibilmente parca nei consumi. La casa dove pernottiamo ha un meraviglioso terrazzo vista mare, ed è lì che passiamo tutto il tempo in cui restiamo in casa. Per il resto ci piace perderci per le vie del borgo, ed andare alla scoperta delle spiaggie nascoste nella riserva naturale di Vendicari, e vagabondare tra Noto e Marzamemi.
Nemmeno il tempo di stancarsi di tanta bellezza che si parte per il viaggio più lungo, tagliando la sicilia da un estremo all’altro, passando però per la famosa Scala dei turchi in provincia di Agrigento: una delle meraviglie del mondo, mai abbastanza celebrata. Una scalinata naturale di marna talmente bianca che il riflesso del sole ti acceca.
Dopo più di quattro ore dentro la scatoletta bianca finalmente arriviamo a San Vito Lo Capo, in contemporanea ahimè, con il festival internazionale del cous-cous. Anche qui la casa in affito è splendida, appena fuori paese, con una veranda sul mare incastonata da un meraviglioso traliccio dell’Enel.
Siccome non avevamo camminato abbastanza a Vendicari, decidiamo di scarpinare per un paio d’ore anche nella riserva naturale dello Zingaro, questa volta però versione Andina. Torniamo a casa con due piedi come due zampogne, ma con gli occhi pieni di meraviglia per le calette incastonate nella roccia.
Riusciamo anche a farci inculare un mucchio di soldi per una cena a base di cous cous, ma ad evitare per un pelo il concerto di Caparezza dove capisco perchè l’Italia si ritrova in questa condizione di merda.
Ma non c’è tempo di abituarsi nemmeno ai dolci di Erice, che salpiamo con il traghetto veloce per raggiungere Favignana, penultima tappa di questa vacanza. La più grande delle isole Egadi, nonchè set del film cult “il commissario LoGatto”. Un piccolo paradiso nel Mediterraneo, con il volto scavato dalle mille cave di tufo, e dalle mille calette dove tuffarsi in un acqua trasparente come si vede solo in grecia, dominato da un castello in cima alla montagna, visibile da ogni punto. E qui, armati di biciclette e occhiali da sole, visitiamo tutte le calette riparate dal vento da nortovest, mentre mangiamo busiate al pesto trapanese, fino ad arrivare al classico tramonto sul mare spezzacuori che annuncia la fine del viaggio.
In realtà, c’è ancora spazio per una notte a Trapani, una cena frugale in un ristorante di matti, il solito ritardo Ryanair, e la nostalgia che porteremo in inverno del caldo sole siciliano.