Archivio per dicembre 2018

1)Ben Howard – Noonday Dream

image
Ho veramente fatto fatica quest’anno a decidere chi dovesse finire al numero 1. Per mesi ci sono stati i Beach House, ma il loro disco era incompleto. Per molto altro tempo i Car Seat headrest, ma quello è un disco di 5 anni fa ri-registrato. Alla fine ho deciso per questo bellissimo lavoro, se non altro perché ha la canzone più bella dell’anno e ogni volta che la ascolto non posso fare a meno di commuovermi. In realtà questo lavoro è un gradino sotto al precedente: forse il più underrated disco degli ultimi 10 anni, e ci sono un pò troppi tempi morti, ma la classe non è acqua, e qui sembra di essere a Venezia. Per chi è orfano di Jeff Buckley, a chi piacciono le chitarre suonate coi controcazzi, le atmosfere oniriche, i fingerpicking, e i violoncelli, questo è il vostro disco.
Canzone: Someone in The Doorway.

2)Amen Dunes – Freedom

image

Questo disco è stato per me l’equivalente di quello di Cass McCombs nel 2016. La colonna sonora perfetta per viaggiare, camminando per strane che non conosci facendo elucubrazione sulla vita, l’universo e tutto quanto. Un lungo flusso fatto di mid-tempo, melodie irresistibili, arrangiamenti essenziali ma preziosi, e atmosfere sognanti. A dargli man forte ci sono musicisti dal nome sconosciuto ma dal pedigree notevole: il batterista già con Jeff Buckley, Antohony e Cass McCombs è una garanzia  di successo, ma anche gli altri musicisti danno il loro contributo essenziale.

Canzone: Freedom

3)Beach House – 7

MI0004405033
Si chiama 7 perché è il settimo album, più tutte le altre mischiate sul numero “magico”. Ma questa è la parte di cui non ci frega un cazzo.Quello che ci interessa è che il nostro duo (quasi-trio) non sbaglia mai un colpo.
Prodotto da Sonic Boom, parte alla grande con uno dei pezzi più veloci della loro discografia, ma la parte migliore è quando si fonde con il secondo pezzo, lo sapete che vado matto per le canzoni “collegate”. Da qui in poi si parte a sognare con le loro atmosfere sospese, i riverberoni, i tappeti sonori di Victoria LeGrand, e i sapienti arpeggi di Alex Scally.
Peccato per il pezzo cantato in francese, se n’è poteva fare volentieri a meno. Brutta la copertina (come al solito, tranne Bloom), in generale un gradino sopra l’accoppiata che uscì nel 2015, ma uno sotto a Bloom e Teen Dream.
Canzone: Dive.

4)Car Seat Headrest – Twin Fantasy

MI0004359105
In un mondo ideale, i ragazzini di oggi dovrebbero ascoltare “i Poggiatesta” invece della Trap. Questa musica ha gli stessi inni generazionali che avevano i Nirvana nei miei sedicianni, qualcosa deve essere andato storto, ma vabbè. Inni dicevamo, da cantare a squarciagola, con la rabbia di non capisce un cazzo e la freschezza di chi deve ancora imparare tutto dalla vita. Il nostro eroe qui, Will Toledo, sembra invece aver appreso benissimo la lezione di storia di musica dei Pavement e continua a sfornare dischi di una semplicità disarmante ma freschi come la primavera, non a caso questo era il disco che ascoltavo in loop mentre passeggiavo per la spiaggia di Las Canteras con la mente e il cielo sgombro di nubi.
P.S. Ad essere precisi questo disco tecnicamente non dovrebbe entrare in classifica essendo uscito già nel 2011, ma siccome è stato completamente risuonato e ri-registrato ci entra, e vola dritto in cima.
Canzone: Sober To Death.

5)Yo La Tengo – There’s a Riot Goin On

MI0004373872

Quindici canzoni per il quindicesimo disco della carriera del trio di Hoboken, NJ. Dream pop fatto con la sapienza di chi fa dischi dal 1986 senza perdere un colpo. Certo, non siamo ai livelli dei picchi di carriera, ma pur sempre 1 ora e 4 minuti di atmosfere notturne, riverberi delicati, arpeggi ipnotici mixati dalle mani sicure di John McEntire dei Tortoise.

Canzone: You Are here.

6)Eleanor Friedberger – Rebound

MI0004415172

Questo disco è più per motivi prettamente personali. Ero a Ibiza, andavo al lavoro in coda in auto (nera) con 40° e la riproduzione casuale di iTunes me la proponeva sempre. E ci stava benissimo questo pop sghembo, con questa copertina un pò hippy e i suoi toni morbidi. Per chi ancora non la conoscesse, Eleanor Friedberger era la cantante dei Fiery Furnaces. Ormai arrivata al quarto disco come solista, forse ha trovato il giusto equilibrio spostando l’ago verso il pop, senza dimenticare la lezione della musica sperimentale e alternativa del gruppo d’origine.

Canzone: Make Me a Song.

7)Big Red machine – Big Red Machine

MI0004471376
Ovvero Justin Vernon dei Bon Iver Aaron Dessner dei National. Ma come quasi sempre accade, anche questa volta il supergruppo che sulla carta doveva spaccare tutto alla fine non da i risultati sperati.
Ovvio che di mestiere ce n’è a pacchi, ma questo episodio non sarà qualcosa che rimarrà alla storia come invece i lavori dei rispettivi gruppi di provenienza.
Non è un disco facile, la parte elettronica a volte è un po troppo indigesta, e ci si aspetterebbe un contributo più incisivo di Dessner, mentre troppo spesso sembra un disco dei Volcano Choir o del Sufjan Steven più ostico.
Poi come il calciatore di classe che trotterella tutta la partita, poi ti fa il gol della vittoria, ad un ascolto attento vengono fuori i piccoli tocchi di classi che, come si suol dire, valgono il prezzo del miglietto.
Canzone: Gratitude.

8)Florence and the Machine – High as Hope.

MI0004444602

Vi dirò, questo disco era partito veramente in sordina. A parte il singolo Hunger immediatamente godibile, il resto sembrava piatto ed addomesticato. In realtà è stato forse il disco che è cresciuto di più, ascolto dopo ascolto, e quello che sembrava un disco “molle” ed appiattito, si è rivelato ricco di picchi emotivi.

A mio parere il disco più convincente dai tempo del loro esordio, peccato un mixaggio un pò troppo piatto, un po più dinamica gli avrebbe dato quel qualcosa in più. Rimane un disco potente non in termini di loudness, ma in senso emotivo.
Canzone: Hunger.

9)Villagers – The Art of Pretending To Swim

MI0004470946
Chi mi conosce sarà sorpreso di vedere questo disco “solo” al 9° posto. Beh, si sa, coi propri figli bisogna essere esigenti, e poi è la dimostrazione che non sono di parte. Insomma, il loro/suo disco del 2015 è nella mia top100 di tutti i tempi, non so se mi spiego. Qui il nostro eroe cambia rotta, e dal minimalismo acustico approdiamo ai synth, le batterie elettroniche e i campionamenti, dopotutto siamo pur sempre nel 2018. Rispetto al predecessore mancano gli acuti, ma mantiene un livello alto dall’inizio alla fine, del resto di mestiere ne ha, anche se ancora è un ragazzino, forse deve trovare la sua strada, il disco comunque è la colonna sonora perfetta per le domeniche piovose invernali col gatto sulle ginocchia e un thè in mano.
Canzone: Love Came With all That it Brings.

10)Calexico – The Thread That Keep Us

Calexico-the-thread
Questo è stato in assoluto il mio primo disco ascoltato quest’anno. Ero a Tenerife per la mia seconda esperienza di vita, e il video di “End of the World With You” sembrava girato nelle spettacolari vedute dell’isola. Tra l’altro con il giusto piglio pop e un’atmosfera alla Giant Sand.
Il resto dell’album è tanto mestiere come al loro solito, ma rispetto agli ultimi scialbi lavori ci sono pezzi come “Another Space” che ti fanno battere il piedino, e le solite atmosfere sognanti mariachi, niente di miracoloso, ma di questi tempi ci accontentiamo.
Canzone: End of The World With You.

Archivi

Flickr Photos

Blog Stats

  • 19.119 hits