L’altra sera dopo tanto tempo mi sono rivisto uno dei film di Michelangelo Antonioni: Professione Reporter. Saranno passati almeno ventanni dall’ultima volta che lo vidi. Allora ero un adolescente che non capiva un cazzo, ma che andava matto per i film del grande regista ferrarese. In realtà ne capivo un quarto quando andava bene, ma i suoi tempi dilatati, le inquadrature psichedeliche, quell’atmosfera rarefatta erano perfetti in quel periodo della vita in cui sei sempre stonato per cause stupefacenti.
Rivisto oggi, in lingua originale, e con un pò di esperienza sul groppone, mi ha fatto capire finalmente la trama, gustare la recitazione di Jack Nicholson, riconoscere i luoghi di Barcellona, e sopratutto apprezzare una volta di più il lunghissimo piano sequenza che conclude il film. Quasi otto minuti in cui la telecamera si muove in modo quasi impercettibile dall’interno della stanza fino all’esterno, passando incredibilmente per le grate della finestra, e stravolgendo il punto di vista di 180°, e nel mentre di questo estenuante ma lento movimento, dentro la stanza succede un omicidio, lo possiamo solo immaginare, ma come disse uno molto intelligente, L’immaginazione è più importante della conoscenza.