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Ciao pà.

Se n’è andato mio padre. A Pesaro lo conoscevano quasi tutti, sopratutto chi ha avuto a che fare con la musica, che siano stati pianoforti, strumenti musicali o Hi-fi, per decenni Maurizio Polidori era l’epicentro della musica a Pesaro. E’ nato che c’era ancora la guerra, ha vissuto il boom degli anni ’60, i travagliati anni ’70, e i goduriosi anni ’80 fino al declino dei tempi moderni. Una vita sempre col sorriso, senza ahimè pensare al domani, ma aveva quella parlantina di chi ha iniziato a lavorare a 12 anni nell’emporio di famiglia e ha finito col vendere un pianoforte a Pavarotti. Non stava un attimo fermo, aveva sempre mille idee, spesso pessime, ma chiunque incontrasse dopo pochi minuti era un suo amico. Mi lascia solo bei ricordi, e tante incazzature, ma se io oggi sono come sono, è anche per merito/colpa sua.

Gotcha.

L’avevo scampata fino a adesso, senza fare nemmeno particolare attenzione, e vantandomi del mio inossidabile sistema immunitario. Eppure Sabato scorso, in una serata imballatissima di un Agosto in riviera, mi era venuto il pensiero mentre ero accalcato in fila attendendo il mio quarto vodkaRedBull, che se non lo avessi preso in mezzo a quel marasma, non lo avrei preso più. Detto e fatto, tre giorni dopo ero stoicamente al lavoro febbricitante, e il giorno le righe del test erano talmente nette che sembravano le note del prof quando sottolineava gli errori più grossolani. Da lì, la fortuna/sfortuna di abitare in un tugurio isolato dal mondo, le giornate infinite che ricordano quel maledetto Lock Down di tre anni fà, il caldo insopportabile, e il mondo che continua a scorrere fuori dalla finestra mentre io sono costretto agli arresti domiciliari per chissà quale colpa ho commesso.

Nel mezzo del cammin di nostra vita.

Non so se ve ne siete accorti, ma tra pandemie, inflazioni, vaioli e guerre, siamo già arrivati a metà 2022. Giugno sta finendo, le giornate hanno già cominciato ad accorciarsi, e tradizione vuole io pubblichi la classifica appunto di metà anno. Passate le pandemie, i dischi sono tornati a uscire copiosi, ma sembra esserci molta confusione, il rock ormai è cosa da boomer, imperversano trap e altre mondezze, e sembra essere piombati in un epoca ancora più buia degli anni ’80.

Per non spoilerare la classifica ufficiale di fine 2022, metto solo un elenco in ordine alfabetico di quello che ho ascoltato con accanto la migliore canzone. Prendetelo come suggerimento per gli acquisti. (scherzo, lo so che i dischi ormai non si comprano più).

Alt-j – The Dream. Song: https://youtu.be/rkhGuHoR4nM

Arcade Fire – We. Song: https://youtu.be/FdXRbOrsyRY

Band of Horses – Things are Great. Song: https://youtu.be/HmjTZ4RfsJE

Barzin – Voyers in the Dark. Song: https://youtu.be/Q78HxrG2AFY

Beach House – Once Twice Melody. Song: https://youtu.be/T84FZgvvr6I

Blossoms – Ribbons Around The Bomb. Song: https://youtu.be/KZjCoMrciss

Bonobo – Fragments. Song: https://youtu.be/o86icu6iI2U

Calexico – El Mirador. Song: https://youtu.be/GCwWDPBcXa8

Cat Power – Covers. Song: https://youtu.be/WyCqGN6wuTA

Cowboy Junkies – Songs of the Recollection. Song: https://youtu.be/m0N5CZz9YWg

Damien Jurado – Reggae Film Star. Song: https://youtu.be/-niRGBVvezc

Destroyer – LABYRINTHITIS. Song: https://youtu.be/HfM2CZsDrBQ

Eddie Vedder – Earthling Song: https://youtu.be/sHqd5Q7pYo0

Efterklang – Plexiglass EP Song: https://youtu.be/yf3jhOVBJ-M

Florence + The Machine – Dance Fever. Song: https://youtu.be/L62LtChAwww

Moderat – MORE D4TA. Song: https://youtu.be/DZtnajuFB6s

Of Monsters and Men – Tìu EP. Song: https://youtu.be/Bq1lpEC70Hg

Perfume Genius – Ugly Season. Song: https://youtu.be/gFqOeib8Qss

Placebo – Never Let Me Go. Song: https://youtu.be/VOVkzL0ga2w

Red Hot Chili Peppers – Unlimited Love. Song: https://youtu.be/OS8taasZl8k

Röyksopp – Profound Mysteries Song: https://youtu.be/6UXQd8ExjEg

S. Carey – Break Me Open. Song: https://youtu.be/-DCvtge-fIY

Sharon Van Etten: We’ve Been Going About This All Wrong. Song: https://youtu.be/n9MgJ_VTpb0

Shout Out Louds – House. Song: https://youtu.be/ewdBjhrVxSM

Stars – From Capelton Hill. Song: I Need The Light.

Wilco – Cruel Country. Song: https://youtu.be/2m4wAUcs3v4

Five Lands

Finalmente, dopo anni sono riuscito a tornare in quel magnifico posto che sono le Cinque terre. Cinque paesini uno in fila all’altro, incastrati tra le montagne liguri che precipitano nel mare, cinque gioiellini con le case alte e strette color pastello, con il sole che tramonta sul mare e che luccica sulle onde per tutto in giorno. Questa fa parte di una serie di gite infrasettimanali che il mio lavoro mi ha consentito di fare prima che inizi il tour de force della stagione romagnola. Dopo Saturnia, Todi, Orvieto, Comacchio, questa volta la mia fida tre cilindri mi ha scarrozzato in un coast to coast nella riviera ligure, passando per Pisa a vedere quanto pende la torre, e finendo per andare a vedere coi miei occhi quella pazzia che è Rosignano Solvay: con le sue spiagge caraibiche al bicarbonato di sodio e le chiare acque senza nessuna forma animale. Tagliando ancora l’Italia in due proprio dove è più complicato, sono atterrato in quel strano posto che è Arezzo, nel mezzo del niente e che di niente pare avere bisogno, finendo percorrendo tutta la E45 visto che la chimera Fano/Grosseto la vedranno i figli che non avrò.

Updates

Aggiorno con colpevole ritardo questa cosa da boomers che è diventato il blog, fagocitato da altri social sempre più voraci di tempo e spazio. In realtà di cose ne sono successe abbastanza: sono tornato ad accorciare l’inverno nella mia amata Tenerife dopo due anni di schifosa pandemia, e vi assicuro che tornare a prendere aerei, uscire la sera, vedere la gente senza distanze sociali, è stato un nuovo rinascere. Un altro segno di rinascita è stato tornare alla Fogheraccia, una festa pagana dove si brucia una enorme catasta di legno come saluto all’inverno, un altro simbolo di purificazione da questi tempi malati. C’è stato anche il tempo per una gita velocissima in Trentino, e chissà che non sia un posto che entrerà nel mio destino, l’attrazione magnetica c’è. Nel frattempo ho già ripreso a lavorare, e quella che doveva essere una stagione corta di ripartenza si sta rivelando qualcosa parecchio più lungo, vediamo quanto resisterò questa volta. E mentre stanno per arrivare le nuvole scure del prossimo compleanno ho scoperto di avere il pollice verde, chissà che smetta di sfornare torte a raffica.

#1

Arcade Fire & Owen Pallett – Her (Original Score) 

Premessa: questa è una PROVOCAZIONE. Se ho dovuto mettere un disco del 2013 (anche se pubblicato solo quest’anno) è perchè non c’è stato nessun disco del 2021 meritevole di stare al #1.

Her è un film meraviglioso di Spike Jonze del 2013 con Joaquin Phoenix e Scarlett Joahnson. Non chiedetemi perché mai questo disco sia uscito ufficialmente solo nel 2021, io lo ascolto ininterrottamente ed estasiato da 8 anni. Infatti ricordo bene che l’avrei messo in cima alla classifica di quell’anno, ma non si poteva e la cosa mi fece abbastanza incazzare: quindi recupero adesso. Il disco è più Owen Pallett che Arcade Fire, di cui è violinista ed arrangiatore ed è come ho già detto meraviglioso. Minimale e tristissimo, ti fa catapultare nella gelida atmosfera di una persona reale che si innamora di un OS tra solitarie note di piano e tappeti sonori, tra Yann Tiersen e Debussy, non mancano droni e archi. Per inguaribili romantici ed eterni depressi insoddisfatti della vita.Canzone:

Song On The Beach.

#2

Ben Howard – Collections From The Whiteout 

Gli ultimi anni musicalmente parlando sono stati un pò un pianto, con poche eccezioni, e il nostro eroe qui è quello che mi ha fatto battere di più il mio freddo cuoricino con gli ultimi due suoi album. Per questo quarto capitolo ha deciso di farsi produrre da Aaron Dessner dei The National, quindi le premesse erano spaziali, purtroppo invece il risultato è ampiamente al di sotto delle aspettative. Non è certo un brutto disco, anzi. La classe c’è tutta, gli arrangiamenti sono moderni e interessanti, quello che manca è l’emozione. Il tutto rimane un freddo esercizio di stile, tra l’altro il disco è pure lunghetto e ascoltarlo tutto d’un fiato rimane abbastanza pesante anche se alla distanza viene fuori. Per carità, ce ne fossero di dischi così, però si sa: dai nostri eroi ci aspettiamo sempre il meglio, e gli ultimi lavori di Bill Callahan o Bon Iver dimostrano che ogni tanto si può anche inciampare.

Canzone: You Have Your Way.

#3

Big Red Machine –  How Long Do You Think It’s Gonna Last? 

Questo è quello che una volta chiamavano “supergrupppo” ovvero Justin Vernon di Bon Iver e Aaron Dessner dei The National. Come spesso capita, la montagna fa topolini, ma questa volta è una bella topona. Rispetto al primo disco, questo è un deciso passo avanti, le canzoni sono convincenti e non sono solo puri esercizi di stile. C’è pure una bella carrellata di ospiti come Fleet Foxes, Sharon Van Etten, Ben Howard, e purtroppo Taylor Swift che fa guadagnare visibilità, ma anche perdere credibilità al progetto. Se come me, amate Bon Iver e The National, non potete non godere nell’immergervi in queste atmosfere, apprezzando la produzione sopraffina, pur non aggiungendo nulla di quello che abbiamo già sentito prima.

Canzone: Brycie. 

#4

Modest Mouse – The Golden Casket 

Questa è una storia bellissima, quella di un gruppo americano che ha fatto la storia dell’indie (quello vero, non le cagate italiane) e che dopo quasi 30 anni di carriera, tra abbandoni e un ultimo disco veramente incolore, riesce a ancora a stupire con un lavoro centrato e che riesce a non sembrare stantio in un momento in cui il rock e le chitarre elettriche sembrano roba da museo. Sono di parte, ma quando dietro al mixer c’è John McEntire dei Tortoise il successo è sempre assicurato. Cinquanta minuti, 12 brani senza filler, una produzione ricca ma mai ridondante, con Isaac Brock che fa da padrone e una band che lo asseconda per filo e per segno. Bentornati.

Canzone: We Are Between.

#5

Villagers – Fever Dreams 

Mi è sempre piaciuto tifare per gli underdogs. In particolare il piccolo irlandese è entrato nelle mie grazie a quel piccolo gioiello di “Darling Arithmetic” del 2015 ( consiglio tutti ad andare a recuperarlo). Da allora la strada intrapresa è sempre meno quella del cantautorato alla Nick Drake, e sempre di più verso un suono più da “band” con arrangiamenti a volte sontuosi, con minutaggi che si allungano, tempi in 7/4, con trombe, sassofoni e addirittura cori Pink Floydiani che ricordano anche gli ultimi lavori dei Girls. Spesso le cose più belle sono infatti le code interminabili di alcuni pezzi che sfociano in suite da sei minuti dove c’è spazio per il resto del gruppo, fino ad oggi troppo spesso bistrattato, peccato per il lato B del disco che è un pò inutile, come quasi sempre nei suoi lavori.

Canzone: The First Day.


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